Nella seconda metà del XX secolo la Chiesa andava attraversando un periodo di notevole fermento, culminato negli anni sessanta con la celebrazione del concilio Vaticano II. In questa importante riunione ecumenica, che vedeva convergere a Roma tutti i vescovi cattolici del mondo, si pose l’accento sulla necessità di ridefinire in maniera più compiuta e feconda il legame che unisce l’architettura e la liturgia, sulla base delle complesse trasformazioni sociali e culturali che erano germogliate nel cinquantennio precedente in Europa e che avevano plasmato, in maniera tutt’altro che indifferente, un nuovo modo con cui il fedele del Novecento si rapportava a Dio.
Grande sostenitore di questa rinnovata sensibilità fu il cardinale Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna dal 1952 al 1968. Anche Lercaro, infatti, intendeva fornire una veste architettonica più moderna agli ambienti liturgici italiani. Attraverso l’animata operatività degli architetti Giorgio Trebbi e Glauco Gresleri, per la Sezione Tecnica dell’Ufficio Nuove Chiese, ciò fu possibile, grazie alla collaborazione con Alvar Aalto; architetto che aveva conosciuto nel novembre 1965 a Firenze, presso palazzo Strozzi, divenuta sede espositiva di un’importante mostra monografica dedicata proprio ai progetti del maestro finlandese.
Fu così che Lercaro commissionò ad Aalto la realizzazione di un edificio religioso cattolico presso Riola di Vergato, borgo emiliano sulle pendici degli Appennini. Aalto, entusiasta di poter finalmente intervenire in una terra come l’Italia che tanto lo aveva stimolato nella gioventù, inaugurò l’iter progettuale il 10 gennaio 1966, giorno in cui si recò personalmente a Riola per un sopralluogo presso l’area d’intervento.